
La
contrattazione di rete costituisce con ogni probabilità la più
rilevante occasione di ammodernamento offerta in questi ultimi anni al
capitalismo italiano. Non a caso il contratto di rete ha saputo
conquistare in breve tempo uno spazio significativo nell'economia reale,
come testimoniano i numeri in crescita, ancor più sorprendenti se
considerati all'interno di un generale contesto economico per lo più
incline alla depressione. L'esperienza applicativa, nazionale e
sovra-nazionale, ha messo in evidenza come l'organizzazione reticolare
può certamente contribuire ad accrescere la competitività delle aziende,
proprio perché propone un'aggregazione di tipo «elettivo» ed un modello
evoluto di impresa capace di miscelare forme concrete di sharing
economy, senza cessione della titolarità di impresa e senza i
condizionamenti territoriali tipici, ad esempio, dell'economia dei
distretti industriali. Come ogni occasione, però, anche il contratto di
rete corre il rischio di non realizzare tutte le proprie indubbie
potenzialità e di non riuscire, pertanto, a contribuire appieno al
rilancio della capacità innovativa e della competitività delle imprese
italiane. I contributi ordinati in questo volume, dopo aver sondato le
ragioni economiche e giuridiche di una iniziale disaffezione verso
l'istituto, vogliono indicare una via possibile perché il disappunto non
si trasformi in rammarico.