Gridavano e piangevano: la tortura in Italia : ciò che ci insegna Bolzaneto
"Ero
di fronte a un evento non solo di dimensioni macroscopiche, ma di una
particolare qualità: centinaia di cittadini non erano solo stati privati
della libertà, non erano solo stati lesi nella loro incolumità fisica e
psicologica. Erano stati vittime di comportamenti tesi a far sorgere
sentimenti di paura, di angoscia, di inferiorità in grado di umiliarli
cosi profondamente da ledere la dignità umana". Roberto Settembre, ex
magistrato, conosce bene i fatti drammatici accaduti nella caserma di
Bolzaneto di Genova nei giorni del G8 tra il 20 e il 23 luglio 2001.
Giudice a latere della Corte d'Appello nel processo a 43 pubblici
ufficiali, accusati di aver commesso più di cento reati contro oltre
duecento parti offese, Settembre ripercorre violenze, maltrattamenti,
umiliazioni inflitte a centinaia di cittadini italiani e stranieri dai
loro aguzzini. Senza enfasi, nell'ottica inconsueta del giudice, lascia
che i fatti stessi procurino l'indignazione che meritano. Gran parte di
quei reati efferati non sarebbero caduti in prescrizione se li avessimo
chiamati con il loro nome: torture. Ventisei anni dopo la Convenzione
dell'Onu, la Commissione di giustizia discute tra le polemiche un
decreto legge, al ribasso, che introdurrà nel codice penale italiano il
reato di tortura. Un ritardo inaudito a fronte di ciò che è accaduto a
Genova.