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mercoledì 30 luglio 2014

Sezione Diritto e società

Il processo Eichmann 

Deborah E. Lipstadt - Giulio Einaudi Editore, 2014          Anteprima del libro
La cattura del tenente colonnello delle SS Adolf Eichmann da parte di agenti segreti israeliani in Argentina nel maggio del 1960 - e il successivo processo a cui fu sottoposto a Gerusalemme da una corte giudiziaria israeliana - elettrizzarono il mondo. Il dibattito pubblico che suscitò riguardo a dove, a come e da chi dovessero essere giudicati i criminali nazisti, e l'attenzione straordinaria dei media a livello internazionale, furono un momento di svolta; un cambiamento epocale rispetto al modo in cui il mondo civile in generale e i sopravvissuti dell'Olocausto in particolare si erano confrontati con l'eredità di un genocidio inimmaginabile. Deborah E. Lipstadt, storica pluripremiata, ci presenta uno sguardo a tutto tondo sul processo e analizza il drammatico effetto che le testimonianze dei sopravvissuti - che non avvennero senza controversie - ebbero su un mondo che fino ad allora aveva commemorato regolarmente l'Olocausto ma non aveva compreso pienamente ciò che i milioni di vittime che erano morte e le centinaia di migliaia che erano sopravvissute avevano effettivamente subito. L'11 aprile 1961 il teatro di Beit Ha'am, a Gerusalemme, era gremito. Piú di settecento persone riempivano la sala per il processo intentato ad Adolf Eichmann, accusato di essere il principale ufficiale operativo della «soluzione finale». I giornali di tutto il mondo riportavano notizie sull'evento. Le reti televisive americane mandavano in onda trasmissioni speciali. Non si trattava del primo processo per crimini di guerra nazisti. Eppure c'erano piú giornalisti a Gerusalemme di quanti ne fossero andati a Norimberga. Per quale motivo questo processo era diverso da quello condotto dai tribunali di Norimberga, dove erano state processate figure molto piú in vista della gerarchia nazista? Mentre il mondo continua a confrontarsi ininterrottamente con la realtà del genocidio nazista e a riflettere sul destino di coloro che sono sopravvissuti, il processo Eichmann, probabilmente il piú clamoroso del Novecento, è divenuto una pietra di paragone per i giudizi successivi, un'impalcatura legale, morale e giudiziaria per confrontarsi con il male nella sua forma piú incomprensibile. Deborah E. Lipstadt riesce a raccontarlo contemperando un'avvincente capacità narrativa con una sicura prospettiva storiografica. Lipstadt svincola il processo Eichmann dalla polarizzante presenza di Hannah Arendt, senza ignorarla, ma recuperando alcuni aspetti essenziali della vicenda: da un lato il risveglio, tardivo, della consapevolezza mondiale nei confronti dell'ampiezza della Shoah; dall'altra l'essere un momento nodale della storia di Israele