The Great Escape:
Health, Wealth, and the Origins of
Inequality
Angus Deaton - Princeton University Press, 2013
The Great Escape:
Health, Wealth, and the Origins of
Inequality
The main driver of inequality--returns on
capital that exceed the rate of economic growth--is again threatening to
generate extreme discontent and undermine democratic values. Thomas Piketty's
findings in this ambitious, original, rigorous work will transform debate and
set the agenda for the next generation of thought about wealth and inequality
This volume presents a variety of both
normative and descriptive perspectives on the use of precedent by the United
States Supreme Court. It brings together a diverse group of American legal
scholars, some of whom have been influenced by the Segal/Spaeth "attitudinal"
model and some of whom have not. The group of contributors includes legal
theorists and empiricists, constitutional lawyers and legal generalists, leading
authorities and up-and-coming scholars. The book addresses questions such as how
the Court establishes durable precedent, how the Court decides to overrule
precedent, the effects of precedent on case selection, the scope of
constitutional precedent, the influence of concurrences and dissents, and the
normative foundations of constitutional precedent. Most of these questions have
been addressed by the Court itself only obliquely, if at all. The volume will be
valuable to readers both in the United States and abroad, particularly in light
of ongoing debates over the role of precedent in civil-law nations and emerging
legal systems.
How much of our fate is tied to the status of our parents and grandparents?
How much does this influence our children? More than we wish to believe. While
it has been argued that rigid class structures have eroded in favor of greater
social equality, The Son Also Rises proves that movement on the social
ladder has changed little over eight centuries. Using a novel
technique--tracking family names over generations to measure social mobility
across countries and periods--renowned economic historian Gregory Clark reveals
that mobility rates are lower than conventionally estimated, do not vary across
societies, and are resistant to social policies. The good news is that these
patterns are driven by strong inheritance of abilities and lineage does not
beget unwarranted advantage. The bad news is that much of our fate is
predictable from lineage. Clark argues that since a greater part of our place in
the world is predetermined, we must avoid creating winner-take-all
societies.
This far-reaching study gives a concise
and coherent overview of the debates surrounding the analysis of social power.
The concept of power is outlined, and its main dimensions are explored through
consideration of various facets - command, pressure, constraint, discipline,
protest, and interpersonal power. The book examines both the theoretical debates
that have arisen and the kinds of empirical materials relevant to them.
"To speak of human rights is to speak of
proportionality. It is no exaggeration to claim that proportionality has
overtaken rights as the orienting idea in contemporary human rights law and
scholarship. Proportionality has been received into the constitutional doctrine
of courts in continental Europe, the United Kingdom, Canada, New Zealand,
Israel, and South Africa, as well as the jurisprudence of treaty-based legal
systems like the European Court of Human Rights, giving rise to claims of a
global model, a received approach, or, simply, the best-practice standard of
rights adjudication. Even in the United States, which is widely understood to
have formally rejected proportionality, some argue that the various levels of
scrutiny adopted by the US Supreme Court are analogous to the standard questions
posed by proportionality. As proportionality scholars are well aware, some of
the early literature on balancing and rights is American, with special reference
to the First Amendment. Notwithstanding proportionality's popularity, there is
no consensus on its methodology. Much less does the use of a proportionality
doctrine guarantee consensus on substantive rights questions. What the principle
of proportionality promises is a common analytical framework, a framework the
significance of which is not in its ubiquity (a mere fact), but because its
structure influences (some would say controls) how courts reason to conclusions
in many of the great moral and political questions confronting political
communities. As a framework, proportionality analysis is superficially
straightforward, setting out four questions in evaluating whether the limitation
of a right is justifiable. A serviceable - but by no means canonical
Nasciamo già con un profondo senso del
bene e del male? O siamo dei piccoli egoisti che la società educa a diventare
persone per bene? Paul Bloom sostiene che i bambini non sono "pagine bianche"
senza principi morali, ma che ancora prima di parlare sono già in grado di
giudicare le azioni degli altri, provare empatia e un rudimentale senso della
giustizia. La moralità, insomma, è innata, anche se limitata. Descrivendo il
comportamento di scimpanzé, psicopatici, estremisti religiosi e raccontando
molti aneddoti, Bloom spiega il modo in cui, crescendo, siamo chiamati a
superare questi limiti con l'aiuto della ragione e confrontandoci con il mondo
attorno a noi. Questo libro, che spazia da Darwin ad Hannibal Lecter, regala una
prospettiva radicalmente nuova sulla vita morale di bambini e adulti
In Europa, in Asia, nel Pacifico, nelle Americhe, i confini e le terre che li
circondano sono oggi scenario di forti tensioni, di lotte violente e di tragedie
umanitarie. Basta pensare alle morti, spesso senza nome, dei migranti che vanno
in cerca di un futuro sfidando le acque del Mediterraneo o il deserto tra
Messico e Stati Uniti. A dispetto dell'opinione diffusa, i moderni processi di
globalizzazione non hanno affatto creato un mondo senza barriere, e hanno anzi
generato una vera moltiplicazione di confini. Di questa proliferazione il libro
traccia l'intricata mappa, indagando gli effetti che tale dinamica produce sul
lavoro, sui movimenti migratori e sulla vita politica. Ne risultano nuove
prospettive sulla crisi e sulla trasformazione dello stato-nazione, come pure
una radicale ridefinizione dei concetti stessi di cittadinanza e sovranità
Da vent'anni Jonathan Haidt, psicologo
morale e filosofo, indaga i meccanismi profondi che regolano la nostra
esistenza, fatta di scelte su cosa per noi è giusto o sbagliato, di valori che
crediamo universali, di unioni e di laceranti divisioni, di giudizi e
pregiudizi. L'obiettivo è rispondere a una domanda che riguarda il nostro stesso
stare al mondo, dalla semplice quotidianità al massimi sistemi della politica e
della religione: per quale motivo non riusciamo ad andare d'accordo, e anzi ci
dividiamo così facilmente in gruppi, in tribù ognuna delle quali è convinta di
essere nel giusto? il risultato è "menti tribali", un libro che propone una via
alla convivenza e al dialogo, partendo dalla comprensione dei meccanismi
biologici ancestrali da cui nasce la nostra ricerca del bene
L'attuale senso comune ritiene che si
prendono decisioni morali in base a ciò che la società ritiene sia giusto o
sbagliato. Questa prospettiva ha consolidato la convinzione che la psicologia
morale delle persone sia determinata esclusivamente dall'esperienza e
dall'educazione. La tesi di questo libro riconduce la morale alla teoria
evolutiva di Charles Darwin: secondo Marc Hauser le regole morali avrebbero una
radice profonda e inconscia, da lui definita "grammatica morale universale",
sviluppatasi nel corso di milioni di anni, la cui individuazione è possibile
grazie all'adozione dei parametri dei più moderni studi di linguistica (con
particolare riferimento alla grammatica generativa di Noam Chomsky). Per
supportare questa tesi l'autore cita fatti di cronaca, illustra i risultati di
test empirici effettuati su oltre 250mila individui di 120 nazioni differenti e
valuta la conoscenza morale nei casi di psicopatologie, individuando i momenti
fondamentali della storia della filosofia morale.
Le discipline che studiano il cervello
umano (dalle neuroscienze alla sociologia, dall'economia comportamentale alla
psicologia) hanno ormai scardinato la concezione secolare dell'uomo come entità
divisa: da un lato la ragione a comandare, dall'altro le passioni da
controllare. Un disegno che non rende conto della meravigliosa profondità
dell'essere umano, e che anzi ha causato danni sul piano sociale, politico ed
economico. L'inconscio non è solo importante, ma è il vero motore del nostro
pensiero e delle nostre azioni, il reale e concreto fondamento della ragione. E
l'uomo non è un animale razionale e individualista: al contrario, è un animale
sociale, definito dalle relazioni con gli altri e legato ai suoi simili. "È come
se vivessimo in una casa dove abbiamo sempre saputo che c'era un seminterrato"
scrive David Brooks. "Ora però abbiamo scoperto che quel seminterrato è molto
più grande di quanto avessimo mai pensato".
Chi l'ha detto che gli esseri umani siano
sostanzialmente tutti egoisti? Molti ritengono che la tendenza a sopraffare sia
comune e abbia addirittura sicure basi scientifiche. Silvia Bonino dimostra che
non è così: le conoscenze che provengono dall'insieme degli studi psicologici,
etologici, evoluzionistici e dalle neuroscienze mostrano il contrario. Nei
nostri rapporti esiste un ricco equipaggiamento di predisposizioni biologiche
che favorisce i legami con i nostri simili e ci spinge a prenderci cura l'un
l'altro. Questo bagaglio va dal pianto al sorriso, dal contatto fisico al bacio,
dai gesti di conforto al rispecchiamento emotivo, sia nelle forme più immediate
del contagio sia in quelle più evolute dell'empatia. Ma nell'essere umano,
animale culturale dotato di specifiche capacità cognitive, i rapporti con gli
altri chiamano in causa anche complesse costruzioni mentali e categorie che
possono negare quell'umanità che la biologia ci ha programmato a riconoscere. Le
predisposizioni biologiche andrebbero quindi sostenute dalla cultura e dai suoi
valori e coltivate dall'educazione, soprattutto in famiglia e a scuola
Le ultime grandi discussioni collettive
sul diritto penale e la sua legittimità risalgono agli anni settanta: Hassemer
ne era già protagonista allora. Lo stato all'epoca appariva come un Leviatano
che puniva i dissidenti e i difformi, occorreva perciò proteggersene e costruire
solide garanzie a tutela dei diritti individuali. Da qui le tante proposte di
depenalizzazione, di ridimensionamento o abolizione dell'intervento penale che
hanno contraddistinto il dibattito per quasi quarant'anni e la lunga serie di
delegittimazioni dei processi e della magistratura. Con quest'opera della
maturità, priva di tecnicismi e diretta a un pubblico generale, Hassemer prende
atto del cambiamento culturale sotteso alla lotta contro il male nelle società
attuali: lo Stato non è più un nemico ma un partner, privilegiato, del
cittadino; la tutela penale serve a rafforzare i comportamenti leciti; senza
punizioni la convivenza sociale sarebbe sfrenatamente brutale.
Nella storia tutte le forme di potere
(clan, imperi, istituzioni religiose o politiche) si sono dotate di un corpo
scelto di propri guardiani che ne garantiscono la difesa e la perpetuazione.
Accade però che le finalità istituzionali cedano il passo a quelle di casta, che
il prestigio guadagnato con la fedeltà di molti sia compromesso dai crimini di
pochi, fattisi esperti di ricatto, corruzione, trame politiche e d'alcova. Tutti
i "guardiani", militari e non militari - siano essi eunuchi, pretoriani,
giannizzeri, carabinieri, hackers - hanno capito che per mantenere il controllo
sul potere non è necessario assumerlo direttamente: basta infiltrarsi e brigare
tra la sfera pubblica e quella privata, tra sicurezza interna ed esterna,
governo centrale e amministrazione locale, ideologia e prassi, etica e abuso. Ma
non è detto che funzioni per sempre.
There has always
been some gap between rich and poor in this country, but recently what it means
to be rich has changed dramatically. Forget the 1 percent—Plutocrats
proves that it is the wealthiest 0.1 percent who are outpacing the rest of us at
breakneck speed. Most of these new fortunes are not inherited, amassed instead
by perceptive businesspeople who see themselves as deserving victors in a
cutthroat international competition. With empathy and intelligence,
Plutocrats reveals the consequences of concentrating the world’s wealth
into fewer and fewer hands. Propelled by fascinating original interviews with
the plutocrats themselves, Plutocrats is a tour de force of social and
economic history, the definitive examination of inequality in our time
This volume provides insight into linguistic pragmatics from the perspective
of linguists who have been influenced by philosophy. Theory of Mind and
perspectives on point of view are presented along with other topics including:
semantics vs. semiotics, clinical pragmatics, explicatures, cancellability of
explicatures, interactive language use, reference, common ground,
presupposition, definiteness, logophoricity and point of view in connection with
pragmatic inference, pragmemes and language games, pragmatics and artificial
languages, the mechanism of the form/content correlation from a pragmatic point
of view, amongst other issues relating to language use. Relevance Theory is
introduced as an important framework, allowing readers to familiarize themselves
with technical details and linguistic terminology.
This book is about the pragmatics of language and it illustrates how
pragmatics transcends the boundaries of linguistics. This volume covers Gricean
pragmatics as well as topics including: conversation and collective belief, the
norm of assertion, speech acts, what a context is, the distinction between
semantics and pragmatics and implicature and explicature, pragmatics and
epistemology, the pragmatics of belief, quotation, negation, implicature and
argumentation theory, Habermas’ Universal Pragmatics, Dascal’s theory of the
dialectical self, theories and theoretical discussions on the nature of
pragmatics from a philosophical point of view.![]() |
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