Obiettivo dell’indagine è comprendere quali spazi l’ordinamento assicuri
alla dialettica inter partes nei frangenti successivi al giudicato.
Tradizionalmente associato al processo di cognizione, quello
dell’audiatur et altera pars va, invece, concepito quale principio
ispiratore (anche) dei giudizi sull’impugnazione straordinaria, di
esecuzione e di sorveglianza: tema centrale è, quindi, il giudicato,
inteso come attributo di una pronuncia da sovvertire - per il gravame
non ordinario - o come punto di partenza, necessario ad applicare una
pena rispettosa dei principi costituzionali. Ogni prassi che tradisca un
assunto siffatto riduce il dialogo attorno al giudicato ad un semplice
simulacro di contraddittorio, con successivo svilimento delle
prerogative dell’interessato e dei caratteri più autentici del momento
applicativo della sentenza penale. Il taglio prescelto si propone di
esaminare le previsioni di codice che regolano il coinvolgimento
dell’interessato nel dialogo sulle quaestiones post rem iudicatam,
comprendendone i limiti effettivi e gli altri, derivanti da prassi
giurisprudenziali che deviano gli effetti di un testo normativo non
sempre chiaro e talora foriero di esegesi problematiche