Democrazia insicura: violenze, repressioni e stato di diritto nella storia della Repubblica (1945-1995)
Com'è
possibile combattere la violenza rispettando lo Stato di diritto? Come
può uno Stato fronteggiare gruppi che avversano radicalmente la
democrazia, approfittando delle libertà di espressione, di informazione,
di circolazione di cui godono i cittadini? Come conciliare le esigenze
di «sicurezza» della popolazione e della cosiddetta «opinione pubblica»
con il rispetto della democrazia? Esiste un uso ragionato della forza
rispettoso dei diritti fondamentali? Si tratta di interrogativi molto
attuali, eppure sono stati spesso posti nell'Italia repubblicana, che
nel corso della sua storia ha dovuto confrontarsi con forme cruente, e
qualche volta concomitanti, di violenza di natura sociale, politica e
criminale. Nuove leggi sono state emanate per accrescere i poteri delle
forze dell'ordine, facilitare le inchieste e le procedure giudiziarie.
Per far fronte ai diversi tipi di violenza, si è così accumulato un
«patrimonio di saperi e di metodi», per poter passare da un contesto a
un altro. Questo libro propone una riflessione a più voci su come la
relazione tra violenza e repressione abbia determinato un particolare
modo di fare politica e di concepire la democrazia in Italia. Attraverso
l'analisi di vicende che hanno segnato profondamente la storia della
Repubblica (dal sequestro Moro e gli anni di piombo alle stragi della
mafia), emerge dai saggi che compongono il volume l'immagine di una
«democrazia insicura» della propria capacità di proteggere lo Stato e le
istituzioni di fronte alla violenza. Una democrazia «insicura» altresì
nel difficile compito di garantire i diritti fondamentali dei suoi
cittadini. Ma la storia dell'Italia repubblicana può anche insegnare
qualcosa sul modo di arginare tensioni sociali, eversione politica e
crimine organizzato in un periodo in cui le principali democrazie del
mondo si stanno confrontando con l'emergenza terrorismo.