La legislazione negativa: Saggio su un'insolita e controversa nozione
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La
definizione kelseniana della sentenza dichiarante l’incostituzionalità
di una legge come esplicarsi di attività legislativa «di segno
negativo» nonché la definizione sandulliana della suddetta sentenza e
del referendum abrogativo come fonti «destinate . . . a operare in modo
unidirezionale» mi hanno incuriosita fin dal primo anno di università;
successivamente nella mia attività di ricerca sono tornata a meditare
su tali definizioni, mentre scrivevo alcuni lavori in tema di fonti del
diritto e di giustizia costituzionale. Però solo negli ultimi tempi mi
sono soffermata a riflettere se sia configurabile nell’ordinamento
italiano la nozione di legislazione “negativa” ovvero “unidirezionale”:
trattasi di espressioni equivalenti, ma nel prosieguo farò riferimento
soltanto alla legislazione negativa poiché risulta un’espressione più
perspicua, denotando immediatamente l’aspetto ablativo . Siffatta
espressione, invero, designa l’insieme di atti volti esclusivamente a
far venir meno una disciplina di rango legislativo, i quali risultano
tre: la legge – o meglio, come si preciserà nel cap. I, la disposizione
legislativa – meramente abrogatrice, il risultato del referendum
abrogativo favorevole all’abrogazione di una legge e la sentenza della
Corte costituzionale dichiarante l’incostituzionalità di una legge: nel
presente contesto e nel prosieguo del lavoro il vocabolo “legge” va
inteso come sinonimo di atto legislativo, che può essere una legge, sia
statale sia regionale, o un atto statale con forza di legge (decreto
legislativo e decreto legge). Le tre suddette forme di legislazione
negativa risultano di natura diversa (le prime due hanno natura
legislativa sia pur con differenze, la terza ha natura giurisdizionale),
ma sono accomunate dalla suddetta finalità di caducare una disciplina
legislativa. Nel prosieguo parlerò esclusivamente di “legislazione
negativa”, mentre talvolta si usa (come fa il primo dei due autori
citati all’inizio) l’espressione “legislatore negativo” per designare
chi adotta atti di legislazione negativa : questa seconda espressione è
più appropriata per designare il corpo elettorale che vota in un
referendum abrogativo e la Corte costituzionale che pronuncia una
sentenza di accoglimento, mentre non è altrettanto appropriata per il
legislatore che adotta una disposizione meramente abrogatrice, in quanto
egli potrebbe contestualmente approvare un altro disposto volto ad
introdurre una nuova disciplina: nella presente analisi il termine
“legislatore” va inteso come sinonimo sia di organo (Camere o Consiglio
regionale) competente ad adottare una legge (statale o regionale), sia
di organo (Governo) competente ad approvare un atto con forza di legge
(decreto legislativo o decreto legge), salvo laddove si indichi
specificamente il legislatore parlamentare (le Camere). Delle due
formule “legislazione negativa” e “legislatore negativo”, l’una
riguardante l’aspetto oggettivo e l’altra concernente quello soggettivo,
è dunque preferibile la prima perché si riferisce direttamente
all’attività legiferatrice; tuttavia nel prosieguo si utilizzerà
talvolta anche la seconda formula. Il presente lavoro prenderà in esame
le suddette nozioni con specifico riferimento al diritto positivo, anche
se esse potrebbero essere analizzate altresì dal punto di vista della
filosofia del diritto ; inoltre la disamina verrà condotta con esclusivo
riguardo al diritto pubblico italiano, sebbene le suddette nozioni
siano rinvenibili pure in altri ordinamenti statali . Merita poi
precisare che nel prosieguo si parlerà di legislazione negativa riferita
al legislatore (inteso come organo adottante atti legislativi) solo per
indicare l’adozione di una disposizione legislativa meramente
abrogatrice; tuttavia si potrebbe ravvisare la suddetta legislazione
negativa anche nella omissione legislativa o nell’inerzia del
legislatore, ipotesi rilevanti in correlazione con le sentenze di
accoglimento della Corte costituzionale: come si illustrerà nei capitoli
seguenti, l’omissione legislativa precede ed in un certo senso
giustifica le sentenze additive della Corte, l’inerzia del legislatore
può seguire una dichiarazione d’incostituzionalità . La legislazione
negativa, come definita più sopra, costituisce una nozione insolita,
perché comunemente si parla di legislazione tout court come sinonimo di
attività legislativa globalmente intesa, che ha carattere negativo e
positivo insieme, consistendo sia nell’eliminare disposizioni vigenti
sia nell’introdurne di nuove. La legislazione negativa risulta altresì
una nozione controversa, sia perché considera congiuntamente due
fattispecie distinte, in quanto aventi diversi presupposti ed effetti,
cioè l’abrogazione – realizzata a sua volta con legge o con referendum –
e la dichiarazione d’illegittimità costituzionale, sia perché trascura
la circostanza per cui è variamente risolvibile il problema di colmare
il vuoto di disciplina derivante dalle tre suddette forme di
legislazione negativa: nel primo caso il legislatore può riempire quel
vuoto ponendo una nuova disciplina in luogo di quella abrogata, mentre
nel secondo e nel terzo caso il corpo elettorale che vota al referendum e
la Corte costituzionale non possono – di regola – colmare il vuoto
normativo causato rispettivamente dal voto referendario e dalla sentenza
di accoglimento, ma devono attendere il successivo intervento del
legislatore. Dopo questi cenni introduttivi, la disamina si snoderà
lungo quattro direttrici. Anzitutto (cap. I) si analizzeranno
singolarmente le tre forme di legislazione “negativa” cioè la
disposizione legislativa meramente abrogatrice, il risultato del
referendum abrogativo favorevole all’abrogazione di una legge e la
sentenza dichiarante l’incostituzionalità di una legge; in tal sede
peraltro si evidenzierà che ciascuna forma di legislazione negativa è
suscettibile di produrre effetti positivi, ossia creativi di nuove
norme. Inoltre (cap. II) si effettuerà un confronto tra le tre suddette
forme di legislazione “negativa”, in particolare si chiarirà se e come
opera riguardo ad esse l’istituto della reviviscenza. Ancora (cap. III)
si illustreranno i rapporti tra le summenzionate forme di legislazione
“negativa” sia sotto il profilo statico, ovvero quando una forma si
manifesta dopo l’esplicazione di un’altra, sia dal punto di vista
dinamico, cioè quando una forma si manifesta per così dire durante
l’esplicarsi di un’altra. Infine (cap. IV) si esamineranno i rapporti
tra la legislazione “positiva”, ossia l’introduzione di una nuova
disciplina da parte del legislatore, e le varie forme di legislazione
“negativa”. Per concludere si effettueranno rilievi di sintesi riguardo
tanto alla configurabilità quanto all’utilità della nozione di
legislazione negativa. La disamina tratteggiata potrebbe apparire
un’elaborazione dottrinale fine a se stessa, cioè di rilievo solo
teorico, mentre essa dischiude (come si illustrerà nel corso del lavoro)
prospettive assai rilevanti anche a livello pratico, soprattutto
riguardo al fenomeno summenzionato della reviviscenza, la cui
operatività può avere conseguenze significative in particolare sui
diritti dei cittadini.