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giovedì 26 aprile 2018

Sezione Diritto pubblico

La legislazione negativa: Saggio su un'insolita e controversa nozione

Patrizia Vipiana - G Giappichelli Editore, 2018    
 
Anteprima
La definizione kelseniana della sentenza dichiarante l’incostituzionalità di una legge come esplicarsi di attività legislativa «di segno negativo»  nonché la definizione sandulliana della suddetta sentenza e del referendum abrogativo come fonti «destinate . . . a operare in modo unidirezionale»  mi hanno incuriosita fin dal primo anno di università; successivamente nella mia attività di ricerca sono tornata a meditare su tali definizioni, mentre scrivevo alcuni lavori in tema di fonti del diritto e di giustizia costituzionale. Però solo negli ultimi tempi mi sono soffermata a riflettere se sia configurabile nell’ordinamento italiano la nozione di legislazione “negativa” ovvero “unidirezionale”: trattasi di espressioni equivalenti, ma nel prosieguo farò riferimento soltanto alla legislazione negativa poiché risulta un’espressione più perspicua, denotando immediatamente l’aspetto ablativo . Siffatta espressione, invero, designa l’insieme di atti volti esclusivamente a far venir meno una disciplina di rango legislativo, i quali risultano tre: la legge – o meglio, come si preciserà nel cap. I, la disposizione legislativa – meramente abrogatrice, il risultato del referendum abrogativo favorevole all’abrogazione di una legge e la sentenza della Corte costituzionale dichiarante l’incostituzionalità di una legge: nel presente contesto e nel prosieguo del lavoro il vocabolo “legge” va inteso come sinonimo di atto legislativo, che può essere una legge, sia statale sia regionale, o un atto statale con forza di legge (decreto legislativo e decreto legge). Le tre suddette forme di legislazione negativa risultano di natura diversa (le prime due hanno natura legislativa sia pur con differenze, la terza ha natura giurisdizionale), ma sono accomunate dalla suddetta finalità di caducare una disciplina legislativa. Nel prosieguo parlerò esclusivamente di “legislazione negativa”, mentre talvolta si usa (come fa il primo dei due autori citati all’inizio) l’espressione “legislatore negativo” per designare chi adotta atti di legislazione negativa : questa seconda espressione è più appropriata per designare il corpo elettorale che vota in un referendum abrogativo e la Corte costituzionale che pronuncia una sentenza di accoglimento, mentre non è altrettanto appropriata per il legislatore che adotta una disposizione meramente abrogatrice, in quanto egli potrebbe contestualmente approvare un altro disposto volto ad introdurre una nuova disciplina: nella presente analisi il termine “legislatore” va inteso come sinonimo sia di organo (Camere o Consiglio regionale) competente ad adottare una legge (statale o regionale), sia di organo (Governo) competente ad approvare un atto con forza di legge (decreto legislativo o decreto legge), salvo laddove si indichi specificamente il legislatore parlamentare (le Camere). Delle due formule “legislazione negativa” e “legislatore negativo”, l’una riguardante l’aspetto oggettivo e l’altra concernente quello soggettivo, è dunque preferibile la prima perché si riferisce direttamente all’attività legiferatrice; tuttavia nel prosieguo si utilizzerà talvolta anche la seconda formula. Il presente lavoro prenderà in esame le suddette nozioni con specifico riferimento al diritto positivo, anche se esse potrebbero essere analizzate altresì dal punto di vista della filosofia del diritto ; inoltre la disamina verrà condotta con esclusivo riguardo al diritto pubblico italiano, sebbene le suddette nozioni siano rinvenibili pure in altri ordinamenti statali . Merita poi precisare che nel prosieguo si parlerà di legislazione negativa riferita al legislatore (inteso come organo adottante atti legislativi) solo per indicare l’adozione di una disposizione legislativa meramente abrogatrice; tuttavia si potrebbe ravvisare la suddetta legislazione negativa anche nella omissione legislativa o nell’inerzia del legislatore, ipotesi rilevanti in correlazione con le sentenze di accoglimento della Corte costituzionale: come si illustrerà nei capitoli seguenti, l’omissione legislativa precede ed in un certo senso giustifica le sentenze additive della Corte, l’inerzia del legislatore può seguire una dichiarazione d’incostituzionalità . La legislazione negativa, come definita più sopra, costituisce una nozione insolita, perché comunemente si parla di legislazione tout court come sinonimo di attività legislativa globalmente intesa, che ha carattere negativo e positivo insieme, consistendo sia nell’eliminare disposizioni vigenti sia nell’introdurne di nuove. La legislazione negativa risulta altresì una nozione controversa, sia perché considera congiuntamente due fattispecie distinte, in quanto aventi diversi presupposti ed effetti, cioè l’abrogazione – realizzata a sua volta con legge o con referendum – e la dichiarazione d’illegittimità costituzionale, sia perché trascura la circostanza per cui è variamente risolvibile il problema di colmare il vuoto di disciplina derivante dalle tre suddette forme di legislazione negativa: nel primo caso il legislatore può riempire quel vuoto ponendo una nuova disciplina in luogo di quella abrogata, mentre nel secondo e nel terzo caso il corpo elettorale che vota al referendum e la Corte costituzionale non possono – di regola – colmare il vuoto normativo causato rispettivamente dal voto referendario e dalla sentenza di accoglimento, ma devono attendere il successivo intervento del legislatore. Dopo questi cenni introduttivi, la disamina si snoderà lungo quattro direttrici. Anzitutto (cap. I) si analizzeranno singolarmente le tre forme di legislazione “negativa” cioè la disposizione legislativa meramente abrogatrice, il risultato del referendum abrogativo favorevole all’abrogazione di una legge e la sentenza dichiarante l’incostituzionalità di una legge; in tal sede peraltro si evidenzierà che ciascuna forma di legislazione negativa è suscettibile di produrre effetti positivi, ossia creativi di nuove norme. Inoltre (cap. II) si effettuerà un confronto tra le tre suddette forme di legislazione “negativa”, in particolare si chiarirà se e come opera riguardo ad esse l’istituto della reviviscenza. Ancora (cap. III) si illustreranno i rapporti tra le summenzionate forme di legislazione “negativa” sia sotto il profilo statico, ovvero quando una forma si manifesta dopo l’esplicazione di un’altra, sia dal punto di vista dinamico, cioè quando una forma si manifesta per così dire durante l’esplicarsi di un’altra. Infine (cap. IV) si esamineranno i rapporti tra la legislazione “positiva”, ossia l’introduzione di una nuova disciplina da parte del legislatore, e le varie forme di legislazione “negativa”. Per concludere si effettueranno rilievi di sintesi riguardo tanto alla configurabilità quanto all’utilità della nozione di legislazione negativa. La disamina tratteggiata potrebbe apparire un’elaborazione dottrinale fine a se stessa, cioè di rilievo solo teorico, mentre essa dischiude (come si illustrerà nel corso del lavoro) prospettive assai rilevanti anche a livello pratico, soprattutto riguardo al fenomeno summenzionato della reviviscenza, la cui operatività può avere conseguenze significative in particolare sui diritti dei cittadini.