L’avvenire della religione: Umanismo, fede e ragione
Salvador Giner - Bollati Boringhieri, 2017
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Sono
trascorsi novant’anni da quando Sigmund Freud intitolò il suo saggio
sulla religione L’avvenire di un’illusione. Oggi quell’«illusione» non
ha assunto affatto connotati residuali. Anzi, in suo nome si continua
ferocemente a versare il sangue, confermando la sentenza di Lucrezio
sugli atti scellerati a cui può indurre. In un contesto dominato dalle
cronache dell’efferatezza fondamentalista e polarizzato tra gli opposti
fanatismi di chi brandisce un credo e chi si appella a pregiudiziali
antireligiose, la voce di Salvador Giner si distingue innanzi tutto per
la sua ispirazione: un mite umanismo laico, una terzietà guidata dal
principio di cautela, che si rivela però di grande potenza riflessiva
nel formulare con chiarezza gli interrogativi essenziali, senza cedere
alle semplificazioni di chi estrapola tendenze passate per proiettarle
sul futuro. Più che prendere posizione nel dibattito sulle basi
neurologiche innate o sulla acquisizione culturale della fede, Giner
ragiona sulle ambivalenze della credenza, sulla non-linearità del
«disincantamento del mondo», sul rapporto tra declino dei culti e
presenza di religiosità secolari, sulla compatibilità tra modernità
avanzata e fede nel soprannaturale – e quindi sulla plausibilità di una
secolarizzazione integrale –, e su chi abbia titolo a ritenersi
tollerante. Proprio quell’umanismo che «non mette in discussione la verità della dimensione simbolica e mitica» aiuta a comprendere il senso complessivo della devozione nella società odierna, e a ipotizzarne il peso nel mondo di domani.