
Nessuna delle categorie giuridiche intorno
alle quali si organizza oggi la teoria del diritto può essere considerata
semplicisticamente fuori gioco: né la sovranità, né l'ordinamento, né i diritti,
né la giurisdizione. Tuttavia, nessuna sembra avere più il significato che le
aveva dato la scienza giuridica stratificandosi nei secoli. Da una parte, si
parla di degiuridificazione, deregulation, di deroghe e di eccezioni, di
regolazione extragiudiziale delle controversie, insomma di svuotamento della
capacità ordinativa dello strumento giuridico. Dall'altra, mai come in questo
periodo è cresciuta l'enfasi sul nesso diritto-diritti, tanto dal punto di vista
delle attese e dei bisogni "dal basso", quanto in funzione della garanzia di un
nucleo universalistico minimo di principi e regole di matrice neoilluminista, a
fronte del risorgere di conflitti identitari estremi. La realtà è che, a
dispetto delle speranze seguite alla caduta del Muro di Berlino, il mondo è
stato globalizzato sì, ma non dal diritto. Riprendendo e rinnovando alla luce
delle sfide attuali un percorso di ricerca iniziato un trentennio fa con il
volume "Decisione e norma", l'obiettivo di questo lavoro è quello di sondare la
capacità di alcune categorie centrali della teoria generale del diritto di
rappresentare la mobilità del nuovo quadro, senza occultarne ideologicamente
l'opacità, restituendo il diritto al ruolo attivo, anche se solo relativamente
libero, dei consociati.