Sanzioni Consob e Banca d'Italia: Procedimenti e ''doppio binario'' al vaglio della Corte EDU
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Quando
fu approvata la l. n. 689 del 1981, che stabiliva i principi generali
relativi alle sanzioni amministrative conseguenza di procedimenti di
depenalizzazione, la sanzione minima indicata era di 12 mila lire mentre
la sanzione massima era determinata in 20 milioni di lire (circa 10
mila euro). Se non si può parlare di sanzioni "bagatellari" trattandosi
di indicazioni economiche risalenti a quasi quaranta anni orsono, si
trattava tuttavia di sanzioni di modesta entità. Molto favorevole era
anche il pagamento in misura ridotta (terza parte del massimo o il
doppio del minimo edittale). Il sistema si basava sull'atto di
accertamento effettuato dalla Pubblica Amministrazione che ricostruiva
il fatto (valido sino a querela di falso) e sull'opposizione
all'ordinanza ingiunzione che apriva un processo ordinario. Su questa
base, negli anni, si era formata una corposa giurisprudenza tendente ad
escludere per questo tipo di sanzioni le garanzie del diritto penale,
sia in relazione al procedimento di irrogazione che in relazione ai
corollari sostanziali (divieto di retroattività, retroattività in
mitius). Questa giurisprudenza era logica stante la sostanziale
diversità, in termini di afflizione personale, di quelle sanzioni
amministrative rispetto alle sanzioni penali. Oggi bisogna prendere atto
che lo scenario è totalmente cambiato. Le sanzioni amministrative
pecuniarie in materia finanziaria irrogate da Consob e Banca d'Italia
sono elevatissime. Più avanti nel testo si farà l'esempio di un caso di
depenalizzazione di un illecito punito con la previsione di una sanzione
amministrativa sino a 15 milioni di euro con confisca per equivalente,
rispetto ad una pena con massimo edittale di 2 anni di reclusione (che
quindi normalmente beneficia della sospensione condizionale).