La pluralità di parti nel processo tributario
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Premessa
La prima ondata di commenti al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – che ha
introdotto nel processo tributario una disciplina, sia pure lacunosa ed
embrionale, del litisconsorzio – si è da tempo esaurita; non è mai
venuta meno, tuttavia, l’attenzione degli studiosi per le tematiche dei
giudizi con pluralità di parti, sollecitata soprattutto dalle prese di
posizione e dai ripensamenti della Corte Suprema. Al dinamismo
giurisprudenziale si è tradizionalmente contrapposta la cautela della
dottrina, la quale, sia pure con qualche significativa eccezione,
assegna alla pluralità di parti nel processo tributario un ruolo
circoscritto. La natura impugnatoria del giudizio avanti alle
commissioni concede certamente minor spazio, rispetto al processo
civile, all’operatività degli istituti che realizzano il litisconsorzio.
Nondimeno, anche il diritto tributario conosce fenomeni di collegamento
fra atti e fra rapporti riconducibili ai modelli della connessione – ma
anche della pregiudizialità dipendenza e dell’incompatibilità e
alternatività – ed in questa materia si prospetta sovente, come avanti
al giudice ordinario, l’utilità – e perfino la necessità, come reputa la
giurisprudenza – che al giudizio prendano parte più soggetti rispetto
ai due indispensabili perché si abbia un processo. Oggetto di interesse,
nel tempo trascorso dall’entrata in vigore della riforma, è stata
soprattutto la pluralità di parti necessaria, con riguardo alla quale la
Corte di Cassazione è pervenuta, in anni recenti, ad elaborare una
lettura dell’art. 14, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992, che allontana il
litisconsorzio necessario nel processo avanti alle commissioni dal
modello codicistico. Su tale peculiare orientamento si è concentrata,
negli ultimi tempi, la considerazione critica della dottrina, che ne ha
messo in luce la debolezza dei fondamenti e la farraginosità delle
implicazioni. Nel presente lavoro si è cercato, anche, di porre le basi
per una rimeditazione del tema della pluralità necessaria di parti,
muovendo da una rilettura delle norme costituzionali che, ad avviso
della giurisprudenza, governano non soltanto la disciplina sostanziale,
ma anche l’attuazione della disciplina medesima, imponendo soluzioni
processuali necessariamente litisconsortili, e da una diversa – e
corretta, si ritiene – visione del modello processuale al quale è
riconducibile il giudizio tributario. Più in ombra, nel dibattito
dottrinale e giurisprudenziale, sono rimaste le implicazioni del
litisconsorzio facoltativo e delle modalità attraverso le quali può
trovare attuazione, a proposito delle quali – e soprattutto degli
interventi in giudizio – sono state proposte, in passato, letture
svalutative. La perdurante incertezza, soprattutto in ordine ai margini
di ammissibilità dei vari modelli di intervento, ha distolto da questi
anche l’interesse della prassi. Alla luce di recenti arresti della Corte
Suprema in materia di intervento adesivo, si è quindi focalizzata
l’attenzione sugli istituti che realizzano il litisconsorzio
facoltativo, allo scopo di vagliarne le potenzialità applicative e di
cercare di dare risposta all’esigenza, che è espressa da più parti, di
conferire maggiore razionalità ed equità al contenzioso riguardante le
fattispecie nelle quali più soggetti sono coinvolti nel prelievo
fiscale. Sono, in effetti, gli istituti che attuano la pluralità
facoltativa di parti che meglio si prestano a soddisfare, nel processo
avanti alle commissioni, le diffuse istanze di eguaglianza tributaria,
equità e razionalità dell’imposizione. Fin qui la premessa alla prima
edizione di questa monografia. Nei quattro anni trascorsi lo scenario
giurisprudenziale non ha subito mutamenti radicali, benché, sia la
cautela nell’estendere, da parte della Cassazione, il modello di
litisconsorzio necessario elaborato un decennio orsono dalle Sezioni
Unite a nuove fattispecie, sia i temperamenti – ancorché modesti – alla
conseguenza radicale costituita dalla nullità della sentenza pronunciata
a contraddittorio non integro e al rinvio della causa al giudice di
prime cure, nelle ipotesi di litisconsorzio necessario, paiono
significativi. Ha trovato conferme ulteriori, d’altra parte,
l’orientamento che ammette con ampiezza l’intervento adesivo nel
processo avanti alle commissioni, circostanza da valutare positivamente,
quantunque l’affermazione dell’istituto si accompagni ad un
preoccupante ritorno della giurisprudenza a teorie sull’efficacia
riflessa del giudicato nei confronti dei terzi che parevano
definitivamente archiviate. Nella revisione sono considerati, appunto,
le novità, ma soprattutto le conferme rinvenibili negli orientamenti
giurisprudenziali, e i contributi dottrinali dei quali non era stato
possibile dar conto nella versione originaria della monografia. Di
questa si è anche cercato di rendere più organico e completo l’impianto.
Per concludere, un grande ringraziamento s’impone a chi mi ha
ripetutamente esortato – talvolta vigorosamente – a rimetter mano a
questo lavoro. Milano, luglio 2017