La disciplina delle mansioni prima e dopo il Jobs Act. Quadro legale e profili problematici
Gaetano Zilio Grandi, Elena Gramano - Giuffrè, 2016
Con
il Jobs Act, il legislatore è intervenuto anche sulla questione della
flessibilità c.d. "interna" o "funzionale", che già da tempo aveva
destato l'attenzione del sistema imprenditoriale: la questione, cioè,
del riconoscimento e della disciplina del potere del datore di lavoro di
determinare e variare unilateralmente le mansioni del lavoratore.
L'art. 2103 c.c., nelle sue diverse formulazioni precedenti e successive
allo Statuto dei diritti dei lavoratori, ampliava o restringeva il
potere datoriale di modificare le mansioni, e quindi l'oggetto
dell'obbligazione contrattuale, del prestatore di lavoro. Con la l. n.
183/2014, è stata data delega al Governo di revisionare la disciplina
delle mansioni in modo da contemperare l'interesse datoriale all'utile
impiego del personale con quello del lavoratore alla tutela del posto di
lavoro, della sua professionalità e delle sue condizioni di vita ed
economiche, prevedendo limiti alla modifica dell'inquadramento. Il
d.lgs. n. 81/2015, che ha integralmente sostituito la precedente
disciplina delle mansioni del lavoratore, ha radicalmente innovato la
norma nel senso di una maggiore flessibilità, mantenendo salda
l'attenzione alla posizione soggettiva del prestatore di lavoro e
affidando alla contrattazione collettiva un ruolo nuovo e determinante
nell'individuazione dello spettro delle mansioni esigibili dal creditore
della prestazione lavorativa.