Contro le elezioni: Perché votare non è più democratico
Che
la democrazia sia in crisi è ormai un luogo comune del dibattito
politico in Occidente. In tutta Europa, i cittadini votano sempre meno,
sono sempre più inclini a prestare fede a retoriche populiste, non
credono più nella classe politica. Che fare? In molti si sono posti
questo interrogativo, ma in pochi hanno risposto con una proposta
altrettanto radicale e sorprendente di quella di David van Reybrouck:
abolire le elezioni, non scegliere più con il meccanismo elettorale i
componenti del Parlamento. E affidarsi al sorteggio per determinare chi
ha la responsabilità di scrivere le leggi dello stato. Se ci sembra
inconcepibile un simile scenario, sostiene van Reybrouck, è perché
abbiamo un’idea sbagliata della funzione e dei vantaggi delle elezioni
come metodo di selezione della classe dirigente: per molti di noi le
libere elezioni a suffragio universale sono sinonimo di democrazia, e
solo i regimi totalitari le hanno abolite. Ma la storia dell’affermarsi
delle elezioni nei sistemi politici europei è molto meno lineare e
contiene diverse sorprese. Cosa significa per una società contemporanea
fare a meno delle elezioni? Come potrebbero essere prese le decisioni
politiche? Da chi? Con quali regole e garanzie? E perché sorteggiare i
parlamentari più o meno come si fa con le giurie popolari nei tribunali
potrebbe dare risultati migliori di quelli attuali? Van Reybrouck porta
alla luce un dibattito sui pregi e i difetti della democrazia
partecipativa in corso da tempo nelle università, e offre al lettore una
serie di idee nuove, esperienze pratiche, tentativi concreti di nuovi
modelli di governance. Un libro che apre la mente, toglie molta polvere e
ragnatele dal dibattito sulla crisi della democrazia, fa strage di
luoghi comuni e retoriche consolidate, per andare al nocciolo di un
problema attualissimo, che potrebbe avere una soluzione radicale e
inaspettata