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Autore : Eugenio Dalmotto
Seguendo una tendenza progressivamente rafforzatasi nel tempo, la maggioranza degli atti costitutivi e degli statuti risulta oggi dotata di clausola compromissoria. Con il d.lg. 5/2003, che si occupa dell'arbitrato in tutte le società, salvo quelle per azioni che si rivolgono al mercato del capitale di rischio, il legislatore ha inteso assecondare il ricorso all'arbitrato, proponendosi di estenderlo, facilitarlo e renderlo più sicuro. Permangono però forti dubbi su quali siano le controversie sottoponibili ad arbitri e quali no, con conseguenti incertezze nell'applicazione dell'istituto. Solo da ultimo, inoltre, la Cassazione ha chiarito che in materia societaria l'unico arbitrato possibile è quello disciplinato dal d.lg. 5/2003, dove il potere di nomina degli arbitri deve essere conferito, a pena di nullità, ad un soggetto estraneo alla società. In questo quadro, è parso interessante prendere in esame tanto gli aspetti marcatamente processuali dell'arbitrato societario quanto quelli di natura sostanziale. Dopo una ricognizione della situazione anteriore al d.lg. 5/2003, si è pertanto trattato dell'ambito di applicazione del decreto, dell'introduzione, della soppressione e della modifica della clausola statutaria, dei suoi limiti oggettivi e soggettivi, della formazione del collegio arbitrale, della procedura e del lodo. Né sono stati trascurati gli istituti affini, come il cosiddetto arbitrato gestionale, introdotto dal d.lg. 5/2003, e la mediazione ex d.lg. 28/2010.