Problematiche costituzionali relative agli statuti regionali ordinari di seconda generazione
Fulvio Pastore - CEDAM, 2012
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L'entusiasmo in buona fede di alcuni
convinti autonomisti e gli approcci ideologici di ispirazione federalista di
qualcun altro, avevano spinto molti a parlare, subito dopo l'entrata in vigore
della legge costituzionale n. 1 del 1999 e della legge costituzionale n. 3 del
2001, di una nuova fase costituente del regionalismo italiano. Così, lo statuto
delle Regioni ordinarie era stato messo, sbrigativamente, al livello di una vera
e propria Costituzione regionale, alla quale veniva affidato il compito di:
affermare con forza l'identità della Regione come vera e propria entità statuale
di un ordinamento composto; ritagliare margini di autonomia sempre più ampi in
favore dei poteri regionali; disegnare architetture politico-istituzionali
originali e confacenti alle peculiarità del sistema politico regionale;
rappresentare emblematicamente con le soluzioni inedite, liberamente scelte,
l'autonomia dell'ente regionale rispetto ai modelli proposti dallo Stato
centrale. L'eliminazione della legge statale di approvazione dello statuto e la
trasformazione dello stesso in un atto anche formalmente regionale - che così si
sottraeva finalmente a ogni forma di codecisione o di controllo da parte delle
camere parlamentari - sembrava aver aperto la strada a chissà quali processi
liberatori.