Inquisitori, negromanti, streghe nella Sicilia moderna (1500-1782)
Messana M. Sofia
I tre protagonisti dell'indagine portata avanti nel testo: l'Inquisizione, gli operatori magici e la popolazione siciliana, si confrontano di continuo, interferiscono l'un l'altro, evidenziando, nel confronto, i propri tratti caratteristici e le proprie rappresentazioni della magia, delle leggi civili e religiose, dell'ordine sociale: gli inquisitori parlano il linguaggio giuridico dei tribunali di fede, pensano e giudicano secondo i principi della demonologia, adoperano nelle qualificazioni di reato complesse locuzioni latine, citano Padri della Chiesa, giuristi e filosofi; gli inquisiti e i testimoni rispondono, invece, raccontando il loro mondo magico, i desideri inconfessati, i sogni irrealizzati, parlano delle antiche tradizioni religiose e magiche che i giudici del Sant'Uffizio non comprendono, raccontano delle fate, dei mostri e dei fantasmi che popolano i loro sogni e che, in parte, sono tratti dalle fiabe raccontate la sera dinanzi al focolare. Le ragioni della lunga persecuzione della stregoneria, vengono analizzate evidenziando i tratti peculiari che essa assunse nell'Isola. Come nel resto d'Europa essa è volta a reprimere pratiche sociali non controllabili o ritenute nocive, ma la sua particolare severità in Sicilia è determinata dalla posizione geografica di quest'ultima, terra di frontiera fra mondo cristiano e musulmano.