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martedì 12 gennaio 2010

Evento

Alessandra Sciurba
Campi di forza:

Percorsi confinati di migranti in Europa

Ombre Corte, 2009




Università degli studi di Palermo
Facoltà di Lettere e Filosofia



Complesso polididattico –
Edificio 19 - Aula 10

Via delle Scienze

Lunedì 18 gennaio 2010

ore 16,30


Ne discutono con l’autrice:

Vincenzo Guarrasi
Marco Antonio Pirrone

Fulvio Vassallo Paleologo




Le politiche di cosiddetto “contrasto della clandestinità” non hanno in realtà prodotto una diminuzione del numero di persone in posizione irregolare, ma hanno anzi contribuito a incrementarlo. L’impossibilità di regolarizzare la propria posizione da parte di migranti già presenti sul territorio, il fatto che non esistano praticamente più, nella maggior parte dei paesi europei, modalità di ingresso legale, vanno posti in relazione con l’inarrestabilità della mobilità migratoria, una mobilità che, del resto, nessun governo, fino ad oggi, ha avuto realmente la volontà di inibire del tutto, ma piuttosto di controllare e gestire secondo criteri di convenienza e utilità economica o politica. La maggior parte delle persone realmente allontanate, espulse, deportate dai territori europei sono, non a caso, potenziali richiedenti asilo, profughi, ovvero persone che, se potessero inoltrare una richiesta di protezione, avrebbero molti diritti, “costerebbero” dei soldi agli Stati e non potrebbero venire così facilmente “clandestinizzati”. Un profondo rispetto dell’asilo politico comporterebbe, inoltre, oltre alla messa in crisi di definizioni restrittive dello status di rifugiato -come quella sancita dalla Convenzione di Ginevra del 1951 -, anche lo sconvolgimento della mentalità in questo momento vincente, quella che guarda alle migrazioni solo dal punto di vista del paese di arrivo e delle opportunità e dei disagi che queste possono comportare. Ecco perché sono soprattutto i potenziali richiedenti asilo - e quasi soltanto loro – ad essere allontanati dal territorio europeo subendo i respingimenti o venendo bloccati nelle carceri libiche. Il loro numero è nell’ordine delle migliaia, nulla a che fare con i milioni di persone senza un permesso di soggiorno che vivono e lavorano in Europa e che devono invece continuare a circolare senza diritti, venendo impiegati nei settori lavorativi e alle condizioni che in quel momento serve che loro accettino. La clandestinizzazione è un corollario necessario dell’attuale sistema di gestione della mobilità migrante, e chi non può venire clandestinizzato, o chi non teme la minaccia di diventare “illegale” perdendo un posto di lavoro, viene rigettato dal sistema.
È impossibile comprendere la specificità delle attuali politiche europee di controllo delle migrazioni, senza confrontarsi con il grande tema dei luoghi di confinamento, in cui centinaia di migliaia di persone vengono oggi costrette semplicemente perché sprovviste di un regolare documento di soggiorno. Che si tratti di centri di detenzione istituzionali e militarizzati o di zone di concentramento informali, questi luoghi sono tutti espressione del medesimo tentativo di governo della mobilità dei migranti, che ormai da diversi anni l'Unione europea sta praticando. Dallo studio dei "centri di detenzione" e delle "zone di concentramento" di Malta, Slovenia, Lampedusa, Francia e Grecia, emerge un modello di confinamento pieno di contraddizioni, e dalle caratteristiche assolutamente nuove, in cui fondamentali sono le scelte e i desideri di chi vede imbrigliata, ma non annullata, la propria mobilità all'interno di "percorsi confinati" e "campi di forza".